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Le lavorazioni su beni nazionali inviati in altri paesi membri


 

In base all’art. 41, c. 3, DL 331/1993, non sono assimilati alle cessioni intracomunitarie, i trasferimenti di beni dall’Italia in un altro Paese membro effettuate da operatori nazionali per esigenze della propria impresa, a condizione che i beni siano successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo, nel territorio dello Stato. In caso contrario occorre identificarsi o nominare un rappresentante fiscale nel Paese di lavorazione dei beni, poiché il trasferimento dei beni da uno Stato all’altro costituisce una cessione intracomunitaria nel Paese di partenza dei beni e un acquisto intracomunitario nel Paese di destinazione degli stessi.


EVOLUZIONE NORMATIVA

L’art. 17, p. 2, lett. f), Direttiva 2006/112/CE (c.d. “Direttiva IVA”), prevede che non si considerino trasferimenti a destinazione di altri Paesi membri, le movimentazioni intracomunitarie di beni da sottoporre a lavorazioni o perizie, a condizione che gli stessi, al termine delle operazioni, siano rispediti al soggetto passivo nel Paese membro di partenza.

In caso contrario, qualora i beni rimangano nel Paese membro ove è stata eseguita la lavorazione o la perizia, il committente è tenuto all’identificazione diretta o alla nomina di un rappresentante fiscale per adempiere agli obblighi dell’acquisto intracomunitario assimilato e rilevare il successivo utilizzo interno dei beni.

Tale previsione, recata dalla legislazione IVA unionale, è stata recepita nell’ordinamento interno dalla L. 115/2015, che è intervenuta, con effetto dal 1.1.2016, sul disposto normativo di cui all’art. 41, c. 3, DL 331/1993.

In particolare, l’attuale formulazione dell’art. 41, c. 3, DL 331/1993, prevede che i beni inviati dall’Italia in altro Paese membro per essere ivi oggetto di perizie, operazioni di perfezionamento o manipolazioni usuali, non diano luogo a cessioni intracomunitarie, qualora gli stessi beni, al termine delle operazioni, siano trasportati o spediti in Italia al committente, soggetto passivo.

La previgente formulazione dell’art. 41, c. 3, DL 331/1993, invece, accordava la sospensione dall’applicazione dell’imposta nel Paese membro di arrivo, anche ai beni che, a seguito delle lavorazioni o delle perizie, non tornavano nel Paese membro di partenza, ma erano destinati a essere trasportati verso altri Stati membri o verso territori extracomunitari.

La condizione sospensiva opera con esclusivo riferimento alle perizie e alle operazioni di perfezionamento e alle manipolazioni usuali di cui all’art. 38, c. 5, lett. a), DL 331/1993.

Tra le operazioni di perfezionamento rientrano le:

  • lavorazioni di merci, compresi il loro montaggio, il loro assemblaggio e il loro adattamento ad altre merci;

  • trasformazioni di merci;

  • distruzioni di merci;

  • riparazioni di merci, compresi il loro riattamento e la loro messa a punto;

  • utilizzazioni di merci che non si ritrovano nei prodotti trasformati, ma che ne permettono o facilitano l’ottenimento, anche se scompaiono totalmente o parzialmente nel processo di trasformazione (c.d. accessori per la produzione).

Le manipolazioni usuali, invece, consistono nelle operazioni tese a garantire la conservazione delle merci, a migliorarne la presentazione o la qualità commerciale o a prepararle per la distribuzione o la rivendita.

Da ultimo si evidenzia che tale previsione non incide sul trattamento IVA del corrispettivo della lavorazione, che resta comunque soggetto a imposta nel Paese di stabilimento del committente.



Iva intracomunitaria per le lavorazioni


IL REGIME SOSPENSIVO E LA SUCCESSIVA DESTINAZIONE DEI BENI

In base all’attuale formulazione dell’art. 41, c. 3, DL 331/1993, gli operatori nazionali che delocalizzano le lavorazioni in altri Paesi membri, devono porre attenzione alla successiva destinazione dei beni.

Infatti, il trasferimento di beni dall’Italia in altro Paese membro per essere ivi sottoposti a perizie, operazioni di perfezionamento o manipolazioni usuali, assume un diverso trattamento IVA a seconda che i beni, una volta ultimate le lavorazioni, siano riconsegnati al committente in Italia, spediti o trasportati in un diverso Paese membro o in uno Stato extracomunitario, oppure, invece, rimangano nel Paese membro ove sono state eseguite le perizie o le lavorazioni.

In particolare, qualora i beni non rientrino in Italia dopo l’ultimazione delle lavorazioni o delle perizie, l’operatore nazionale è tenuto a identificarsi o a nominare un rappresentante fiscale nel Paese membro delle lavorazioni, poiché il trasferimento dei beni da uno Stato membro all’altro costituisce una cessione intracomunitaria nel Paese di partenza dei beni e un acquisto intracomunitario nel Paese di destinazione degli stessi.

Pertanto, il trasferimento di beni inviati dall’Italia in un altro Stato membro che, in seguito alla perizia o alla lavorazione, sono inviati in un altro Paese membro o in territori extracomunitari, oppure sono ceduti nello stesso Paese in cui sono state eseguite le lavorazioni, determina il venir meno del regime sospensivo, concretizzando (anche a posteriori) una cessione intracomunitaria non imponibile.

In ogni caso, l’operatore italiano che trasferisce i propri beni in un altro Paese membro per subire delle lavorazioni è tenuto a:

  • annotare la movimentazione intracomunitaria dei beni a titolo non traslativo della proprietà nel c.d. registro di “carico e scarico” di cui all’art. 50, c. 5, DL 331/1993;

  • se tenuto alla compilazione dei dati con finalità statistiche dichiarare la movimentazione dei beni ai fini statistici nel modello INTRA 1-bis;

  • integrare con IVA la fattura ricevuta dal prestatore comunitario, per poi annotarla sia nel registro IVA fatture emesse che nel registro IVA acquisti;

  • dichiarare la prestazione di servizio ricevuta nel modello INTRA 2-quater.

Qualora i beni, al termine delle lavorazioni, non ritornino in Italia, ma rimangano nel Paese membro delle lavorazioni e/o formino oggetto di una successiva cessione, il regime sospensivo non può essere più applicato e, pertanto, l’operatore italiano è tenuto a identificarsi o a nominare un rappresentante fiscale nel Paese membro ove sono state eseguite le lavorazioni, per adempiere l’acquisto intracomunitario assimilato e la successiva cessione.

In tale ipotesi, l’operatore italiano deve quindi emettere una fattura non imponibile ai sensi dell’art. 41, c. 2, lett. c), DL 331/1993, nei confronti della propria posizione IVA aperta nel Paese delle lavorazioni o, comunque, nei confronti del rappresentante fiscale ivi nominato. La cessione intracomunitaria deve poi essere dichiarata nel modello INTRA 1-bis e concorre alla formazione del plafond IVA.

A sua volta, la posizione IVA aperta nel Paese delle lavorazioni, o il rappresentante fiscale ivi nominato, deve rilevare l’acquisto intracomunitario assimilato secondo le regole vigenti in tale Paese membro. La stessa posizione IVA aperta nel Paese delle lavorazioni è, infine, tenuta a osservare gli adempimenti IVA richiesti per la successiva cessione dei beni lavorati (nello stesso Paese membro ove sono state eseguite le lavorazioni, in un altro Paese membro o in Stati e territori extracomunitari).

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