Cosa cambia concretamente
L’articolo 2, comma 2, Tuir, in tema di residenza fiscale delle persone fisiche è stato completamente riscritto dal legislatore con efficacia dal 2024. Il cambiamento, sotto diversi punti di vista, può dirsi epocale.
Per altri aspetti, invece, la norma non porterà ad effetti significativi. Partiamo da questo secondo filone, anche per rimanere in una area di comfort. A prescindere da quanto possa
disporre la normativa interna, rimane ferma la prevalenza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni che, a loro volta, non hanno subito modifiche sul tema. Ricordiamo, ad ogni buon conto, che le convenzioni sono invocabili solo quando sussiste un conflitto di residenza tra i due Paesi, ossia quando, in base alle rispettive norme interne, entrambi i Paesi considerano un individuo fiscalmente residente. L’attivazione della convenzione sul presupposto del conflitto è stata riconosciuta anche dalla circolare n. 25/E/2023.
Volendo, quindi, ricordare il Modello Ocse 2017, si dovranno seguire le seguenti regole in via gerarchica:
il contribuente è residente dove dispone di una abitazione permanente;
se (come spesso accade) dispone di una abitazione permanente in entrambi i Paesi, si considera il centro degli interessi vitali;
se gli interessi vitali non prevalgono in uno dei due Paesi, si considera la dimora
abituale;
se anche questo criterio risulta insufficiente, si avrà riguardo alla nazionalità;
se il contribuente ha la cittadinanza di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, i due Stati si metteranno d’accordo.
Ebbene, la modifica della norma interna porta ad una potenziale modifica delle condizioni che possono portare all’applicazione della Convenzione.
In linea con il passato, inoltre, la normativa interna prevede tre criteri alternativi che devono
tuttavia essere soddisfatti per la maggior parte del periodo di imposta.
Sempre in linea con il passato, viene confermato anche il criterio della residenza ai sensi del codice civile. Veniamo a questo punto agli elementi di novità.
Innanzitutto, viene espunto il criterio della residenza anagrafica, alla quale viene assegnato il mero ruolo di presunzione di residenza. La modifica non è di poco momento. Infatti, fino al
2023, l’iscrizione anagrafica poteva essere superata solo invocando le convenzioni.
Il criterio è stato sostituito con quello della presenza fisica che dovrà tener conto anche delle frazioni di giorno.
Sotto questo profilo, ferma restando l’impossibilità di esprimere giudizi generalizzati, ad
avviso di chi scrive, la modifica appare favorevole al contribuente.
Un cambiamento epocale, tuttavia, è rappresentato dal terzo criterio del domicilio che rimane confermato come in passato, ma che viene ora definito non con un riferimento al codice civile, come da sempre siamo stati abituati, bensì con una nuova definizione fornita dal legislatore esclusivamente ai fini della residenza.
Il comma 2, dell’articolo 2, Tuir, prevede ora che “Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”.
In pratica, viene completamente abbandonato il riferimento al centro degli interessi economici che in passato assumeva un particolare rilievo. La scelta appare, invero, poco comprensibile in quanto, soprattutto per un soggetto non sposato e senza figli, gli interessi personali sono difficilmente verificabili dal fisco e, comunque, facilmente pilotabili dall’interessato. Gli interessi economici, invece, appaiono meno evanescenti e più oggettivi. Si pensi agli incarichi di amministratore o all’iscrizione ad albi professionali.
Ennio Vial - Euroconference News 26.01.2024
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